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  I MIEI LIBRI - IL CANE CON LA CRAVATTA - Testo
  ANTEFATTO - parte prima - Due cani e tre gatti             

I tre furgoni del Gruppo Cinofilo Municipale si allontanarono col gran canaio degli animali coattamente rinchiusi all'interno degli automezzi, dove i più irrequieti abbaiavano rabbiosamente dalle schermature metalliche dei finestrini. Sulle fiancate dei furgoni la scritta, il sentimento è biologico, replicava alla sgradita sorpresa dei fuggevoli passanti, ignari di pesticciare lo stesso luogo ove un tempo assai lontano zampillava un'acqua miracolosa che giustificò l'erezione di un santuario; distrutto qualche secolo dopo, e accecata la sorgente, da alcuni seguaci di San Bernardino, zelanti aggressori dei riti di sospetta provenienza pagana. Acqua terapeutica che formò una polla in un campo distante qualche centinaio di metri dal santuario pagano, affaccendando nel tredicesimo secolo una compagnia di monaci per raccoglierla in una vasca sacra, di fianco ad una basilica la cui edificazione fu resa possibile grazie all'opulenza degli ex-voto dei risanati dalla miracolosa acqua.

La strada che percorrono i vecchi automezzi è una di quelle strade dritte e anonime, fiancheggiate da edifici decorosi costruiti nell'immediato Secondo Dopoguerra, in un reticolato ortogonale concepito sulle macerie dei precedenti modesti caseggiati, distrutti dai bombardamenti alla vicina ferrovia: che dopo aver marcato per molti anni, all'incirca dal Primo Dopoguerra fino al tuonare della Seconda Guerra Mondiale, il limite estremo della città verso est, è ora incorporata profondamente nell'abitato incidendolo con una repellente cicatrice; suturata dai trafficati e radi cavalcavia gettati tra i popolosi quartieri abbarbicati a ridosso dei muraglioni anneriti dall’antico fumo. E oltre gli scremoli mandorlati ogni tanto un fico diffonde i suoi grassi rami fruttuosi, fino a sfiorare le auto ammassate tra i recenti alberi piantati per impedire il parcheggio: invece abusato tra un tronco e l’altro a pregiudicare la retta crescita dei tigli, per quanto protetta da collari di legno scambiati per cestini d'immondizia nei quali brillano al sole siringhe maculate di sangue e profilattici: a conforto della campagna sanitaria promossa dai numerosi manifesti incollati sui muraglioni, alternati ai volti sorridenti dei politici cittadini candidati alle ricorrenti elezioni amministrative.

Rioni uguali in quartieri uguali, adagiati al tracciato dell'ultima corona di mura cittadine, la sesta dalle origini (quella progettata da Arnolfo di Cambio e terminata nel 1333 a difesa di un'area e di una popolazione che soltanto nel secolo diciannovesimo la città avrebbe accresciute, e alla cui edificazione affluì massicciamente la pietra recuperata col taglio delle torri scapozzate), entro la quale Firenze rivela la sua autentica consistenza storica e culturale, l'ineguagliabile fisionomia stereotipata in milioni di cartoline illustrate: ritoccate in alcuni particolari con retorica ridondanza a somiglianza delle mode suggerite per le acconciature degli umani. Malinteso estetico di fine millennio, per usare una definizione che condanna questi anni ad una puzzolente pattumiera.

Questa città, ancora a misura d’uomo nella sua dimensione urbana, per come viene benevolmente riabilitata nei circoli culturali - avvinti in perniciosa polemica gli uni con gli altri nel concerto di dame incartapecorite e pensionati precoci dediti alla beneficenza e all’arte del verso che fra una pubblica lettura e un dibattito continuano ad ignorare la reale misura dell’uomo -, ma nondimeno sbrindellata e imbastardita attorno all’altare di pietra e marmo del Duomo, rannicchiato nell’impotente guardiania dell’indistinta morena dei nuovi quartieri ormai diluiti in tante altre periferie incombenti da ogni direzione sulla Firenze delle antiche stampe che in ogni appartamento ingentiliscono le pareti dei salotti lesionate dalle continue percosse dello sciame sismico endogeno ad ogni grande centro abitato.

I lenti e ansimanti furgoni che percorrono la strada, un tempo utilizzati per la raccolta di scolari dalle frazioni limitrofe, sono ora adibiti al trasporto degli animali destinati, o riscattati dal Canile Municipale. Studenti ormai quasi del tutto estinti per la caduta del tasso di natalità (così viene definito il fenomeno nei bollettini delle indagini statistiche), che pare stimolato da dinamiche inversamente proporzionali al progressivo benessere delle popolazioni. “La natura, per quanto maltusiana calmieratrice nelle contingenze di grande miseria, feconde di concepimenti, niente potrebbe se un giorno l'uomo decidesse di estinguersi rinunciando volontariamente al procreamento”, informa con falsa ironia un manifesto di una nota industria produttrice di pannolini, affisso in tutte le cornici comunali del quartiere.

Un'altra causa del diverso impiego degli automezzi è la ineluttabile integrazione delle frazioni nell'ordito urbano che, seppure in maniera approssimativa ed inadeguata, secondo il parere degli abitanti, sono finalmente collegate da mezzi pubblici municipali: dislocati al servizio a seguito di un'aspra vertenza per l'abolizione di linee regolari con una località della provincia quasi completamente spopolata, salvo un manipolo di vecchi contadini che hanno rifiutato l'internamento nella moderna Casa di Riposo realizzata modificando un edificio scolastico, il cui unico alunno iscritto ha dovuto abbandonare gli studi non essendo possibile per la sua famiglia (casellanti di un passaggio a livello ferroviario di una linea dismessa sulla quale transitano ogni giorno convogli di tecnici per verificare lo stato della manutenzione), curarne i quotidiani trasferimenti alle scuole di città.

L'assenza degli animali, destinati all'internamento nel Canile Municipale, bizzarramente sito nel grandi capannoni alla periferia ovest della città che ospitano i Mattatoi Comunali, sarebbe durata i pochi giorni necessari alle formalità veterinarie. Tuttavia il lento iter delle Amministrazioni Pubbliche faceva presagire una prolungata assenza, nella quale il quartiere avrebbe eclissata la presenza di tante sporche bestie, abituate a spisciare e smerdare sui paraurti delle auto, sugli scalini degli ingressi condominiali, con la colpevole complicità dei proprietari disposti, altrimenti, ad infiammarsi di sdegno per un mendicante lasciato salire a vendere salviette, per un bambino che sputa ai passanti dalla finestra. E Viviano ricordava l'esacerbato risentimento suscitato dal vandalico scempio di un'epigrafe ad opera di alcuni ragazzi: “Qui scrisse e morì Elisabeth Browning Barret, che in cuor di donna conciliava scienza di dotta e spirito di poeta, e fece del suo verso aureo anello fra l'Italia e l'Inghilterra. Per questa memoria Firenze grata”. Recitava l'iscrizione che in origine fregiava la facciavista in pietra serena del vetusto edificio gravemente danneggiato dalle bombe, poi trasferita sulla facciata del nuovo palazzo. Epigrafe tempestivamente restaurata e ricollocata sulla candida impronta rettangolare dove qualcuno, con la stessa trasgressiva ingenuità del popolano di Pratolini, che nello stesso quartiere orinava al muro sotto la lapide che ricorda la casa abitata da Giacomo Leopardi, aveva scritto in rosso: Viva la fica!

Alla fine il quartiere si affrancava dalla schiavitù di cani e gatti conviventi in condomini per niente adatti alle istintive necessità animali, che lo impoverivano in un letamaio di sterco dal quale, specie nelle ore notturne, s'alzava il latrato e il miagolio della teppaglia caudata a disturbare il sonno degli abitanti. Per non dire dei residui di macelleria, distribuiti la sera ai gatti da premurose donnette: mensa abbondante, di agevole e immediato consumo, che richiama numerosi animali anche dai quartieri vicini. E i collettivi pasti, incanagliti dalla bestiale canizza per accaparrarsi i bocconi migliori, sedimentano sul selciato un avanzume di brincelli che s'imputridisce, dando agio a colonie di insetti nel mantenere un livello di sopravvivenza adeguato e di moltiplicarsi in proiezione geometrica intollerabile. Tutto in palese contravvenzione a norme antiche e recenti che regolano il possesso di animali, fiere e rettili compresi, in modo da non recare alcun fastidio agli altri.

Confortata la propria avversione per i quadrupedi dalle cronache londinesi della caccia ai Pit-Bull-Terrier, cani che per una serie di volontari incroci tra mastini e terrier, rappresentano un vero e proprio pericolo pubblico per gli abitanti della metropoli inglese, fra i quali sono sorte spontanee squadre che giustiziano in azioni notturne tutti gli elementi recidivi della feroce specie che ha già spedito al Pronto Soccorso decine di incolpevoli londinesi, qualcuno aveva telefonato alla Unità Sanitaria denunciando che alcuni animali stanziali del quartiere erano recentemente morti per ignote cause, sollevando il legittimo timore di un gruppo di cittadini, dei quali Viviano era anonimo portavoce, che la cagione patita dalle bestie potesse larvare rischio anche per i residenti del popoloso quartiere. In verità due cani e tre gatti erano inopinatamente stramazzati al termine delle abituali scorribande notturne; e si congetturava a causa di alcune crocchette avvelenate disseminate da un ignoto giustiziere nei luoghi frequentati dagli animali: latente pericolo anche per i bambini del vicinato e per alcuni barboni di frequente transito verso l'accogliente parrocchia di San Francesco. Ma questi erano pettegolezzi che Viviano aveva ritenuto di non confermare telefonicamente.


(da Il cane con la cravatta)


 
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