La memoria del padre, la Firenze di piazzale Donatello, tra trattorie e artisti, negli anni Cinquanta-Sessanta, a 'Leggere per non dimenticare', oggi pomeriggio alle 17.30 nel Salone Brunelleschiano dell'Istituto degli Innocenti. Nel salotto letterario di Anna Benedetti arriva 'Il cane con la cravatta' di Paolo Codazzi, edito da Mobydick. Chissà se Firenze recupererà appieno un tessuto connettivo "vero" ed esteso, non effimero. A questa verità appartenevano anche quelli che oggi possono apparire patetici consigli di fabbrica o d'azienda per discutere del Vietnam, del terrorismo, approvare una mozione in casa editrice. Tutto inutile? Forse perché siamo diventati più ricchi, ma in quelle parole che sembrano un frutto appassito del passato c'era il tentativo di ragionare, di darsi comunque un'etica. Molti degli scrittori di prosa e poesia che hanno animato Collettivo R si muovevano su questo binario, con risultati più o meno brillanti, comunque onesti e meditati (a destra c'era la rivista 'Diorama'): non è poco, "non fosse altro - racconta Paolo Codazzi - perché in quel clima cercavamo lo spazio della convivialità e questo toglieva voce agli egoismi e alle esibizioni di chi si credeva Manzoni". Anche dall'esperienza maturata in quel clima, alla ricerca di un proprio stile, nasce 'Il cane con la cravatta', vita e avventure del protagonista Viviano, adolescente quasi adulto, nella Firenze negli anni Cinquanta-Sessanta. Non è simpatico Viviano, vive nella frustrazione e nel ricordo: "Viveva in letargo - scrive Codazzi - poiché i meccanismi che regolano l'amore si erano improvvisamente e irrimediabilmente sterilizzati per una prima occasione mancata, sedimentando nel suo animo un profondo rancore verso la felicità: contro i buoni sentimenti degli altri segretamente invidiati procurandosi atroci rimpianti". Introduce Marino Biondi.
Michele Brancale
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