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  I MIEI LIBRI - L'INVENTORE DEL SEMAFORO - Testo
  Esergo dell'autore             

Dite il vostro discorso, vi prego, come ve l'ho recitato io; come se vi dandasse sulla lingua. Che se me lo urlate come fanno certi nostri attori moderni, tanto mi varrebbe affidare i miei versi ad un banditore di piazza. E non falciatemi l'aria con la mano, così: ma tenetevi misurati; che anche nel torrente, nel vortice, diciamo pure nell'uragano, dei vostri affetti, dovete ottenere e conservare quella sobrietà che consente morbidezza di toni. Ah mi guazza il sangue quando sento un accidentaccio tanto fatto, imparruccato, ridurre a brandelli la sua passione dilaniandola a morsi pur di sfondare gli orecchi a quelli giù in platea; ai quali arriva tutt'al più, una pantomima incomprensibile, per quel fracasso.

Shakespeare


La vocazione razionale verso un ordine, l'inclinazione emotiva nel trasgredire quelli codificati, mi spingono dopo un lungo silenzio (ma anche la "demenzialità" dilagante), a riprendere il sentiero labirintico e pubblicare questa raccolta che insieme vuole essere la constatazione della precarietà del disciplinato ma anche la consapevolezza del fluire, comunque, in un ordine naturale, dinamico. Anche se, a volte, pare il caos prendere il sopravvento.

Pur perfetta, la regola, esprime la capacità e i limiti dei destinatari. E non c'è male più distruttivo della forza delle (buone) abitudini.


 
  Antefatto             


Un controllore piuttosto malridotto impreca
ad uno sciopero che in cuor suo rifiuta.
Esige i biglietti con accidia sbirciando il mio "Russell";
dopo non ha altro da fare che pulirsi gli orecchi.
Il treno, espresso 544, buca gli spilli che inzuppano
la campagna: questa Padana così diversa dalle mie
ruffiane colline s'immerge nel suo profilo dendroide.
Due tizi citano con affettazione l'epopea delle ferrovie
e quando a Chiusi, Firenze-Roma, saliva l'avvicinatore.
Al fianco ancora l'impronta di occhi di mare grosso
spumati di bianco nel loro itinerante apparire, scomparire.
L'espresso staziona, chiudo la "Storia del pensiero occidentale":
qualcosa ho letto. Su un quadretto la basilica di Paestum
si squaglia in scontato tramonto.
Tutto questo andando-tornando: posso trasformarmi
in aruspice per le mie viscere sporche.


 
                


La notte del 25 giugno 1791 furiosi temporali
destano i fantasmi della storia: ma a Parigi non piove.
Paul Taine vigila il frenetico imperversare delle
carrozze stemmate aggrovigliate ai crocevia
in grumi di polvere gialla: Luigi XVI rientra
da Varennes en Argonne...
Inquietanti presagi e candide speranze suscitano
gli avvenimenti che fanno Parigi cervello e cuore del mondo.

La belle rèvolution preparata da lunga mano
e non dimeno imprevista stringe
inesorabile il nodo dei destini.


 
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